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Silvio Betterelli intervistato da Nodus

Nodus collabora con i più famosi designer del mondo. Si tratta di creativi famosi per il loro stile e per la continua innovazione che sanno portare con le loro idee. Uno di questi artisti è Silvio Betterelli. Lo abbiamo intervistato. Andiamo quindi a conoscerlo meglio, per comprendere quali sono le sue idee sul design e quali sviluppi prevede per il futuro.

Come definirebbe l’essenza o le caratteristiche primarie del suo lavoro? Ogni designer ha un suo stile, i suoi caratteri distintivi… Quali sono i suoi?
Cerco costantemente di fare interagire le molteplici discipline dalle quali provengo, fine art, textiles design e fashion design. La costante ricerca di nuovi approcci nell’uso dei materiali e le relazioni che essi hanno con gli spazi o con i corpi con cui devono dialogare mi affascinano da sempre.
Mi piacciono le superfici e le forme Anche per Nodus ho realizzato un tappeto tridimensionale, un tappeto scultura, un pezzo unico. Si alza dal pavimento e rivendica il suo ruolo all’interno dello spazio, dicendo qualcosa del tipo: “Ehi, non sono un tappeto, non puoi calpestarmi. Mi puoi solo girare attorno”.
Ovviamente, per realizzarlo e immaginarlo, ho attinto dalle mie basi di modellistica e di costruzione sartoriale. 

Quali sono Le persone o le storie che l’hanno maggiormente influenzata nel suo percorso lavorativo?
Mi  dedico da molti anni al settore della moda, ma sfoglio più volentieri una rivista di design o di arte e vado più volentieri a vedere una mostra che una sfilata. Il motivo è che cerco l’ispirazione per i miei progetti alla fonte. E i contenuti da cui spesso trovo ispirazione arrivano dall’arte contemporanea. Dunque sono molto influenzato dagli artisti e dalla loro costante ricerca di una sorta di verità parallela, una verità più profonda delle cose.
Ho collaborato molti anni con la fondazione Pistoletto, occupandomi di progetti legati alla moda sostenibile, seguendo il manifesto di rinascita lanciato dal maestro, con cui molto spesso ho avuto il privilegio di confrontarmi.
La maggiore parte dei miei amici è composta da artisti, a qualunque livello. Milano brulica di creativi. Mi piace confrontarmi con loro e capire a che cosa stanno lavorando. Mi piace capire che domande sul mondo si pongono e che risposte si danno. Lo trovo sempre  molto stimolante. 

In che modo la cultura del suo Paese e le sue tradizioni entrano nei suoi progetti?
In modo fin troppo prepotente, direi! “Fuoco di sant’Antonio” è appunto il disegno che ho sottoposto a Nodus. È stato molto gratificante vedere gli occhi di Andrea Galimberti illuminarsi, quasi a dire: “Ok, mi piace, non ne venderò neanche uno, ma risponde perfettamente alla nostra filosofia di prodotti fra arte e design”.
Di fatto, la collaborazione nacque perché io ero stato invitato nel padiglione regionale della Sardegna, alla Biennale di Venezia curata da Sgarbi. Il padiglione dell’Italia era stato frammentato e aperto alle diverse regioni, includendo cosi numerosissimi artisti, sconosciuti ai più. Dunque, l’ispirazione nasceva dalla notte in cui si accendono i fuochi di sant’Antonio abate, a metà gennaio. È la notte che in Sardegna dà l’inizio al Carnevale e alla prima uscita dei Mamuthones.
Attorno al fuoco, si balla, si mangiano fave e lardo, si beve vino forte e si gira attorno in senso orario e antiorario,  in modo propiziatorio. In alcune zone, saltare a braccetto con qualcuno attraverso le ultime braci, all’alba, dà luogo a una sorta di parentela, acquisita dal fuoco. Tutto ciò mi ha ispirato un racconto attraverso un tappeto-scultura, che è il frutto di credenze e rituali. 

Come vede il futuro e quali pensa saranno i nuovi trend nel design?
Da quello che vedo, soprattutto dopo questa pandemia, l trend che credo che sempre più aumenterà è la tendenza all’artigianato artistico. Dunque al saper fare e alla rilettura delle tradizioni, dei materiali naturali, con i loro aspetti crudi e veri. Ci sarà il trend del riciclo di materiali già esistenti, trattati ad esempio con tessiture e intrecci, per ridare luogo a sapori di ambienti  rurali, ma assolvendo anche alla funzione della circolarità e sostenibilità dei prodotti. 

Che cosa pensa della sostenibilità oggi? Pensa che sia un elemento basilare del design, oppure che sia un valore aggiunto?
Penso che sia imprescindibile, sia assolutamente un valore aggiunto e, al contrario di altre discipline artistiche, al design, quindi moda e product, venga in qualche modo richiesta una presa di posizione, dato che a loro è dato di far diventare un’idea un prodotto di largo consumo. Oggi sostenibilità è anche business, marketing, comunicazione. Per cui si stanno facendo passi da gigante e c’è fermento. Come dire, oggi, a maggior ragione, si unisce “l’utile al sostenibile”.

Quanto conta e quanto spesso è presente nei suoi progetti l’aspetto sociale?
Spessissimo, e conta molto. Da esso attinge e a esso viene restituito e vi si riferisce. Storie, racconti, modi di vivere dai quali traggo ispirazione e che cerco di rimettere dentro ai progetti.

Design è più emozione, più razionalità/funzionalità, oppure entrambi in egual misura?
Entrambi, in misure che determinano poi lo stile di un designer. Alcuni puntano più a funzionalità alcuni a emozione, entrambe funzioni a mio parere nobilissime, di cui  si ha bisogno. Saranno i consumatori a stabilire di che cosa e in che misura hanno voglia e bisogno di consumare. Pensiamo in un momento come questo, ad esempio, a quanto l’amore e le scelte che abbiamo fatto per gli oggetti che ci circondano abbiano avuto  importanza in lunghi mesi forzatamente domestici, sia per il loro supporto “emotivo” sia per la qualità della loro funzionalità. Io, ad esempio, ho condiviso il mio lockdown totale solo circondato dai miei oggetti. Me ne sono occupato, li ho rivisti, ricatalogati, spolverati, archiviati. Lunghi mesi di inventario. Dagli spilli ai tessuti più pregiati. Un lavoro un po’ autistico, lo devo ammettere. 

Che cosa pensa del ruolo del tessile nel design?
Beh, direi che è fondamentale, vive di luce propria. Ci sono fiere del solo tessile d’arredo o del textiles design o delle arti visive applicate al tessile. Ma il tessile anche supporta e valorizza alcuni prodotti. Dei divani, la prima cosa che vediamo è l’involucro tessile. E anche alcuni dei loro aspetti di comfort sono legati al tessile. Il mondo del tappeto, dell’arazzo decorativo, del cuscino, la ricerca del tessile d’arredo e del tendaggio  sono arrivati a livelli davvero interessanti.
Nodus, sui tappeti, credo che abbia davvero fatto da apripista. Questo spiega perché così tanti nomi di altissimo profilo e fama hanno accettato di collaborare.

Per concludere, un aforisma o una frase che la rappresenta.
Ah, non saprei. Non ci ho mai pensato! C’è una così grande inflazione di citazioni e frasi “conto terzi” che è davvero complicato ora sperare di averne una tutta propria senza rischiare di apparire presuntuosi. Oggi, credo sarebbe meno banale farlo riniziando col citare alcune “frasi” molto conosciute… Tipo: ama il prossimo tuo come te stesso. Ecco, direi che questa, per un creativo e un designer, possa essere calzante. Io mi occupo di farlo, anche attraverso il mio lavoro.

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marco

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