Aldo Bakker

L’approccio di Aldo Bakker (Amersfoort, NL 1971) è guidato dall’esplorazione dei confini tra l’umanità e gli aspetti disumani nel design, un’esplorazione architettonica disegnata a mano nell’infinito. In merito a questo argomento, non è un caso che Aldo scelse il vetro come materia prima con cui esprimersi: il vetro ha un certo aspetto ‘disumano’, è il materiale ideale per produrre forme che sembrano quasi perfette e artificiali, un modo per Aldo per ‘allontanarsi’ da un evidente tocco umano visibile. L’accostamento di rituali umani e forme in qualche modo perfette e artificiali rimane un tema ricorrente e costituisce la tensione indispensabile nell’opera di Aldo.

Prima di disegnare in vetro, Aldo si è specializzato nei mestieri del design di gioielli, mestiere di entrambi i genitori. Per anni Aldo è stato l’unico dipendente dell’Atelier Noyons di Utrecht. È stato il design dei gioielli a formare la pazienza professionale di Aldo e a plasmare il perfezionismo che si può trovare nel suo lavoro fino ad oggi. Dopo aver studiato quasi ogni possibile aspetto della produzione del vetro e dopo aver realizzato la sua prima linea completa di vetri, Aldo torna al legno e alla creazione di mobili in legno. Allo stesso tempo ha ottenuto il suo primo grande incarico per l’interior design del ristorante con sede ad Amsterdam ‘Zuid-Zeeland’, un progetto che è stato per Aldo un modo per dare vita a una vera gamma di prodotti, in breve tempo. Evidentemente un ristorante ha bisogno di sedie, tavoli e oggetti in vetro.

Intorno allo stesso periodo, Aldo tiene le sue prime grandi mostre, a cominciare dalla sua prima panoramica alla Galleria “Binnen” di Amsterdam. A seguire, le presentazioni di Solo a Milano e Londra. Durante la mostra londinese incontra Ilse Crawford, preside del dipartimento ‘Benessere’ presso la famosa Design academy Eindhoven, che significa il decollo della carriera di Aldo come insegnante presso l’accademia.

Nel corso degli anni, Aldo si è sempre più convinto del posto del suo lavoro nell’attuale epoca del design. Ha saputo rompere con le convenzioni e gli sviluppi che hanno disegnato il volto del design nord europeo negli ultimi decenni. Un adagio comune riassume la crisi mentale dietro queste convenzioni: ‘perché continuare a progettare, quando siamo già circondati da un eccesso di design?’ Non siamo già circondati da abbastanza forme così com’è? Rovesciare questo tipo di pensiero funge già da motivazione, così come il modo in cui le prime reazioni a queste convenzioni mancano di sottigliezza e autoriflessione.

Il design della “serie Urushi” costituisce una prima chiara affermazione contro l’adagio sopra citato e costituisce una nuova pietra miliare nel lavoro di Aldo. Tuttavia, per gli addetti ai lavori, la relazione tra i suoi primi progetti di vetreria e la serie Urushi è evidente. Questa serie presenta tutta la complessità dei metodi di lavoro di Aldo. Come lui stesso lo descrive: ‘Il mio lavoro è il risultato di un processo quasi infinito e dispendioso in termini di tempo che a volte sembra trascinarsi all’infinito. È un processo che avviene in gran parte nella mia testa. Esistono pochi schizzi o modelli delle prime versioni dei miei progetti. Considero i miei progetti come l’opera di un vormgever, che in olandese significa letteralmente ‘datore di forma’. Questo principio sembra in contrasto con le convenzioni attuali: l’idea che un concetto chiaro porti automaticamente ad aspetti formali interessanti.

Durante la mia ricerca sulla forma, mi sono rassegnato a essere gravato dal mio stesso perfezionismo. Questo perfezionismo è il motivo per cui il mio portfolio contiene non più della metà del numero di prodotti comuni a qualcuno della mia età. Negli ultimi anni termini come ‘autenticità’ e ‘originalità’ sono stati, a mio avviso, usati con un certo opportunismo e incuria intorno a me. Sia nella mia lingua che nella mia forma, scelgo di avvicinarmi a loro in modo molto preciso. Permetto ai miei progetti di acquisire forma fisica solo quando li ritengo ‘entità autonome’.

Per Aldo, la serie Urushi rappresenta un nuovo inizio oltre che una fine. Aldo mira a evocare l’interazione con più sensi con il suo amore esplicito per i materiali e la sua determinazione senza fine a comprendere i vari artigianato. A causa della sua voglia di perfezione, i suoi oggetti mancano della tipica impressione “fatto a mano”, anche al contrario. Il processo quasi infinito della loro realizzazione conferisce ai suoi progetti un senso di appartenenza ‘disumana’, mettendo in discussione la propria esistenza.

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